L’undicesima puntata. 23 maggio 1992, Roma, Cinema Nuovo Sacher. Alta tensione

Per alta tensione si intende una tensione “elevata”. La soglia al di sopra della quale si ha l’alta tensione è variabile e difficilmente definibile, se non in misura relativa e convenzionale.

Cosa ci faccio qui.

Ho sempre avuto la voglia di capire come funzionano le cose. Per questa ragione ho scelto di mettere a frutto nelle cabine di proiezione quello che ho imparato  dai miei studi tecnici. Sin da giovane sono stato molto apprezzato per questa mia caratteristica: negli anni della prima crisi delle sale cinematografiche ero una sorta di “prendi due al prezzo di uno”, paghi un proiezionista e hai in casa anche un tecnico. I vetusti impianti che avevo a disposizione all’inizio degli anni ’80 erano spesso l’oggetto del mio furore migliorativo.

Uno di questi raptus quasi mi costò la vita.

Avevo deciso di intervenire drasticamente per perfezionare il  suono di una sala di periferia,  montando un equalizzatore grafico. Nell’epoca in cui l’amplificatore a valvole in uso era stato progettato, però, non era prevista una simile eventualità., così fui costretto ad operare “a cuore aperto” nell’apparecchio.  Per una disattenzione andai a toccare un punto dove era presente la tensione “anodica” delle valvole, che era di circa 600 volts; ovviamente l’altra mano era poggiata sullo chassis collegato a terra, pertanto fui letteralmente attraversato da una massiccia dose di energia elettrica. Ciò mi procurò, prima ancora che uno spavento, una euforia per essere sopravvissuto, effetto, forse, della scarica stessa. Tant’è che non mi scoraggiai affatto, tutt’altro.

Al tempo del cinema Capranichetta ebbi modo di conoscere un tecnico cinematografico che esercitava davvero. Luigi era un autentico innovatore anche degli impianti audio, importò in Italia un sistema stereofonico da colonna ottica precedente al Dolby Stereo. Dopo una stretta di mano, ci accordammo sul fatto che ogni mattina, anziché dormire com’era nelle abitudini di ogni proiezionista che si rispetti, sarei andato ad aiutarlo nel suo studio.

Fu con lui che diventai un tecnico “vero”.

Un giorno andai ad assisterlo nell’installazione di un cinema particolare.

Era il progetto che diventava realtà di una sala ideale per spettatori esigenti. Esigenti come l’esercente, che in realtà entrava in questa veste per la prima volta. Fino ad allora i film li aveva diretti e spesso interpretati. Ora, splendido quarantenne, si accingeva ad intraprendere questa nuova attività.

Giovanni, detto Nanni, e il suo fido socio produttore Angelo mi proposero di rimanere lì come proiezionista.

Accettai.

Iniziò una nuova avventura.

Il Nuovo Sacher è diverso da tutti gli altri cinema in cui ho lavorato. E’ un microcosmo nel microcosmo.

Io e i miei colleghi compagni d’avventura, Fausto, Fabia e Paola siamo qui ormai da oltre un anno e ci conosciamo bene, ci ritroviamo ogni giorno nel  “nostro” cinema. E’ facile sentirsi a proprio agio nell’atrio particolarmente accogliente, con il suo bar completo di sedie stile anni ’60, la piccola libreria e la grande vetrata che affaccia sull’arena estiva.

La sala è parte di un complesso edificato durante l’era fascista come dopolavoro per i dipendenti dei Monopoli di Stato. Dietro lo schermo c’è un grande palco con relativi camerini, ormai in disuso, vestigia del Cinema Teatro Nuovo.

Da quando sono qui  il mio modo di lavorare è cambiato. Prima il mio scopo principale era soddisfare il pubblico, fosse esso colto o popolare. Ora ho imparato che il mio mestiere è il ponte tra chi i film li fa e chi li va a vedere,  Non spetta ad esercenti e tecnici interpretare l’opera, gli spettatori devono riceverla esattamente come l’ha voluta l’autore. Il suono, la luce, le dimensioni dello schermo in rapporto alla sala seguono criteri ben precisi e solo rispettandoli sarà possibile avere questo collegamento.

Se il tecnico del suono, il direttore della fotografia e il regista stesso hanno lavorato in determinate condizioni, solo riproducendole in sala si avrà lo stesso risultato. Le caratteristiche tecniche della pellicola, insomma, devono diventare norma.

Norma: dal latino norma normae, “squadra”, lo strumento per  verificare la rettitudine degli angoli. Nessun edificio starebbe in piedi a lungo se nel costruirlo non fosse stata usata la squadra.

Oggi si proietta “Il Ladro di Bambini”, la storia di un carabiniere che viaggia scortando due anime innocenti in un impegnativo viaggio che terminerà sulle strade della Sicilia.

Poco pubblico in questo sabato pomeriggio Forse chi voleva uscire ha deciso all’ultimo momento di rimanere a casa. Chi non ci è rimasto è Nanni, che entra nell’atrio quando è da poco iniziato il secondo spettacolo, L’espressione è diversa dal solito.

“Avevo bisogno di uscire, di vedere qualcuno, di parlare”.

Le parole sono difficili da trovare,  Un uomo giusto, sua moglie e tre uomini della scorta sono morti in un attentato di mafia.

Giovanni Falcone si adoperava perché l’edificio sociale di questo paese fosse retto, solido, forte.

La squadra è caduta dalle sue mani, giace sul fondo di una voragine lungo l’autostrada A29.

Cammino con Nanni tra le sedie vuote dell’arena. Un anno fa passeggiavamo qui e discutevamo della proiezione all’aperto. Ad un certo punto mi disse:  “Paolo,  tu sai parlare, ma non sai ascoltare”. Oggi invece ho voglia di ascoltare, forse lo vorremmo entrambi.

Rientro nell’atrio, mi affaccio in sala, lo spettacolo sta finendo, il carabiniere osserva i due bambini allontanarsi verso la loro meta.

La squadra sarà raccolta.

Quello che ancora nessuno sa è che cadrà di nuovo, tra cinquantasette giorni, in via D’Amelio.

Paolo Di Virgilio.

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