La nona puntata. Gente da cinema, gente al cinema

In questo diario ogni riferimento a fatti realmente accaduti NON è casuale e i personaggi NON sono frutto della fantasia dell’autore. Se qualcuno si riconoscerà in questi racconti non me ne voglia, io ho amato molto i miei spettatori, è soprattutto per loro che il bravo operatore cerca di dare sempre il meglio

Il proiezionista si sente in una posizione privilegiata, anche se qualcuno direbbe che il suo posto è tra il martello e l’incudine, dove il martello è riferibile a chi i film li realizza e l’incudine a chi li guarda.

Ho sovente effettuato la messa a punto della proiezione per la piena soddisfazione degli autori, soprattutto in occasione di anteprime o eventi particolari. Tra il pubblico, però, c’è sia  chi sa apprezzare tale rigore e chi, al contrario, vorrebbe una proiezione a misura dei propri sensi.

Cinema Capranica, estate 1990. Fantafestival

Un festival è sempre un festival, ma il Fantafestival è una cosa a parte.

Il pubblico è decisamente particolare, va dal cinefilo rigoroso allo spettatore trash che passa l’intera giornata in sala allo scopo di partecipare, in senso letterale, all’Evento spesso commentando ad alta voce,  in coro o singolarmente, le scene più esaltanti dello spettacolo, una claque variegata  tipica di certi cinema di borgata degli anni ’60 del secolo scorso.

Oggi c’è un evento speciale,  a mezzanotte verrà proiettato “Gipsy Angel” di Al Festa,  un produttore di apprezzati vinili, nonché storico dj delle migliori discoteche.

La galleria del cinema, aperta per l’occasione, è stata riservata alla troupe e ai suoi ospiti.

La cabina di proiezione si trova proprio sopra la galleria, quindi appena iniziato lo spettacolo mi siedo  tra questo spettabile pubblico.

Non ho mai saputo se, tenendo il volume molto alto per assecondare il volere dell’autore, commisi un errore e inconsapevolmente fui responsabile di quello che accadde dopo.

Il rumoroso e scherzoso pubblico è costretto a esternare le sue pittoresche critiche a voce più alta, per sovrastare il muro di suono che si erge tra l’impianto e le sue orecchie.

Alcuni degli attori, non conoscendo il clima particolare del Fantafestival, si scambiano sguardi  preoccupati, Al li rincuora dicendo loro che è tutto normale, che qui funziona così.  Verso il finale la folla, autofomentatasi, alza il livello della partecipazione. A quel punto la pazienza di qualcuno degli ospiti in galleria viene meno.

“Pecorai!”,

La platea applaude.

“Invece che al cinema andate a pascolare il gregge!”,

Bordata di fischi mista a risate.

“Coatti incivili!”.

“Ha parlato er principe!”

Il film finisce. Il regista la prende a ridere, forse pensando alla frase di Oscar Wilde “nel bene o nel male, purché se ne parli”.

Il pubblico nel frattempo è arrivato già nell’atrio sovrastato dalla scala settecentesca che ora la troupe si appresta a scendere.

Uno spettatore si fa largo fra la folla (seppi in seguito  che si trattava di un giovane aspirante regista). Come un ossesso punta il dito contro Festa gridando:

“Bel capolavoro che hai fatto!”

Fischi misti a applausi.

“Ma che vuoi, sei invidioso? “

“Scommetto che hai preso un sacco di soldi per fare questa schifezza”

Ancora fischi e ancora applausi.

Festa, stando al gioco, scende la scala come una imponente Wanda Osiris, però in smoking, tuonando con voce maestosa: “Sì, ho preso un sacco di soldi, e voi attaccateve a… questo!”

Il gesto dell’ombrello che accompagna la fine della frase ha l’effetto del fischio d’inizio di un derby calcistico. La troupe accelera la sua discesa dalla scalinata, il pubblico ne inizia rapidamente la salita, si incontrano a metà strada e anziché una partita di calcio ha inizio la mischia di un incontro di rugby.

Cinema Nuovo Sacher, 1992

Domenica pomeriggio.

Il film è iniziato da poco, il pubblico è già in sala, ma l’atrio è di nuovo affollato: l’accogliente bar e la piccola libreria sono un punto di ritrovo dove gli spettatori si intrattengono volentieri prima dell’inizio dello spettacolo.

Un ometto magro, sulla cinquantina, attira l’attenzione a causa delle sue rimostranze nei confronti della cassiera:

“Lei sta scherzando, vero? “

“No, signore. Qui non è consentito entrare a spettacolo iniziato per non disturbare chi sta seguendo il film.”

“Ma io non devo vedere il film, sto cercando mia moglie che so per certo essere qui!”

“A maggior ragione. La sala è piena e lei per cercare sua moglie recherebbe ancora più disturbo”.

L’uomo alza la voce, “Forse non è chiaro, lei non può impedirmi di cercare mia moglie”.

A questo punto il gestore della sala, che casualmente si trova nei pressi del bar, si avvicina al capannello che nel frattempo si è formato intorno ai due contendenti e cerca di raffreddare gli animi.

“La ragazza le ha detto che non può entrare perché qui abbiamo delle regole a tutela dello spettatore che ha pagato il biglietto e sa che qui non sarà disturbato”.

“Guardi che so chi è lei, non si faccia forte della sua celebrità. Io DEVO entrare!”

Il fragore della discussione sta provocando di per sé il temuto disturbo, il regista-esercente si rende conto che ormai numerosi curiosi volgono la loro attenzione allo spettacolo fuori programma e si aspettano da lui una reazione degna della sua fama di persona rigorosa e poco incline a consentire prepotenze. Squadra il temerario dall’alto verso il basso e, dopo pochi ma interminabili secondi, sentenzia con voce imperiosa:

“Allora vada, vada! Entri e faccia vedere a trecento persone quanto è maleducato!”

Il piccolo energumeno entra in sala.

Nell’atrio cala il silenzio ma non l’attenzione.

Chi si aspettava di assistere a un litigio tra coniugi rimane deluso: l’uomo esce da solo, il tono arrogante è ormai scomparso.

Mi guarda e mi chiede, quasi balbettando: “Questo film è proiettato anche in un altro cinema?”

“Sì, al cinema Mignon”.

“E gli spettacoli hanno gli stessi orari?”

“Sì, anche lì è cominciato da poco”.

Si precipita verso l’uscita e nell’atrio torna finalmente la pace.

Dopo un’ora l’ometto si ripresenta, visibilmente trafelato, in tempo per la fine dello spettacolo.

Scruta il pubblico che esce.

Gli spettatori che stanno per entrare lo riconoscono e scrutano lui, rimasto ormai da solo nell’area di deflusso.

Sorrisini, frasi sussurrate, occhiate d’intesa accompagnate da un gesto con la mano che spesso è usato come scongiuro, ma che, in questo caso, ha tutt’altro significato.

Il disonorato, ormai consapevole della sua condizione, mestamente e lentamente torna a casa.

Paolo Di Virgilio.

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