La quattordicesima puntata Autunno 1998, Roma, cinema Quattro Fontane. No Surrender – Nessuna resa

Autunno 1998, Roma, cinema Quattro Fontane.

No Surrender – Nessuna resa

Mattina.

Ho avuto da sempre un’attrazione innata per le due ruote. Da un po’ di tempo ho lasciato l’ennesima vespa per tornare a guidare una motocicletta vera. Cerco di convincere me stesso e i miei cari che è una necessità, lavoro in centro, ho orari strani, a volte devo spostarmi rapidamente da un cinema a un altro. In realtà uno scooter sarebbe più adeguato, ma  il senso di libertà e di equilibrio che mi trasmette questo mezzo è una necessità quasi irrinunciabile.

Percorro via Venti Settembre, giro per via delle Quattro Fontane, mi fermo, metto la stampella laterale e chiudo la Yamaha Virago. Una piccola folla mi attende. Non sono spettatori venuti qui per una matinée, sono giovani uomini e donne  tra i venti e i quaranta che si sono lasciati alle spalle una vita difficile. Qualche mese prima  Brunella mi aveva fatto un’offerta che non potevo, ma soprattutto non volevo rifiutare: collaborare con una cooperativa sociale tenendo un corso per proiezionisti..

Apro la saracinesca dell’entrata laterale e ci rechiamo insieme all’interno del cinema.

Ritengo che il metodo meno noioso possibile di tenere una lezione sia prevedere una parte teorica e una parte pratica. Non sono portato per snocciolare nozioni da mandare a memoria, credo piuttosto che sia importante capire il funzionamento delle cose per poi saperle utilizzare al meglio.

Ogni proiettore ha il suo schema di caricamento, ovvero i passaggi che deve fare la pellicola per andare dalla bobina superiore a quella inferiore sono diversi,  ma i principi da seguire per ottenere il risultato sono gli stessi. Di solito ci sono due rulli dentati, che portano la pellicola prima e dopo il punto di proiezione,  un rocchetto a scatto che da l’intermittenza, un finestrino di proiezione e una testa sonora di lettura che deve essere a una distanza precisa dal finestrino di proiezione. Non occorre capire quali sono esattamente i passaggi in ogni singolo proiettore, ma quali sono le necessità. Dopo queste spiegazioni esposte nel dettaglio, passiamo al lato pratico.

Il proiettore è a disposizione degli allievi che dovranno provare a caricarlo senza guardare lo schema di caricamento. A chi obietta che in questa maniera il compito è più difficile, rispondo che, al contrario, così è più facile. Quando sai a che cosa servono quei rocchetti e quei rullini devi semplicemente usarli per fare ciò che è necessario.

Silenzio generale. Ognuno tace in attesa del proprio turno, sperando che sia il più tardi possibile, così, nel frattempo, avrà modo di vedere il caricamento effettuato da chi lo precede.

Il primo studente sembra in difficoltà

“Non ci riesco, dammi qualche indicazione”

“Il proiettore non pensa, pensava chi lo ha progettato e così devi pensare tu: sai a cosa servono tutte le parti, cerca di ragionare come se dovessi progettarlo nuovamente”

Dopo cinque minuti il proiettore era caricato correttamente. Nel frattempo avevo invitato gli altri studenti a recarsi in sala.

“Bene, ora proietta”.

“Ma non l’ho mai fatto”

“Però sai come si fa. Quante volte sei stato al cinema?”

“Beh, abbastanza”

“E dov’eri?”

“Dall’altra parte del vetro”

“Ci tornerai dopo. Ora sei qui….”

Accensione della lampada, spegnimento della prima luce, motore, la coda scorre.

Sette, sei, cinque, quattro, tre, seconda luce spenta.

CLIC! Immagine e suono.

Nel frattempo mi ero allontanato di qualche metro.

  1. si gira verso di me, in lui non c’è più traccia dell’ansia di poco prima, vedo sul suo volto la soddisfazione di aver compiuto bene la sua opera, l’espressione è finalmente rilassata, Ora scenderà in sala da spettatore e, a turno, ognuno sarà per la prima volta il mago della proiezione.

Mezzogiorno e mezza.

La lezione è finita.

Di solito rimaniamo un po’ a parlare, oggi saluto in fretta e scappo via. I ragazzi forse ci rimangono un po’ male, ma oggi devo sbrigarmi.

Vado a piedi fino alla storica biglietteria di piazza dell’Esquilino,. Prendo il mio numero e mi preparo all’attesa. Appello ogni ora, alle diciassette esco trionfalmente con i biglietti in mano. Li guardo soddisfatto, Bruce Springsteen Reunion Tour, Bologna 17 aprile 1999.

Roma, 16 luglio, quasi vent’anni più tardi, Circo Massimo.

Sono qui con mio figlio.

Luci basse, silenzio…

“Questa è una canzone dedicata ai lavoratori delle cooperative sociali”.

Un arpeggio, poche note di armonica, inizia “Ghost of Tom Joad”. Gli operatori sociali  che Bruce aveva conosciuto quella mattina erano gli stessi che io, quasi vent’anni prima, avevo incontrato per dare vita al progetto che avrebbe portato per la prima volta in una cabina di proiezione una decina di ragazzi. Alcuni di loro ancora oggi lasciano casa dopo pranzo e tornano a tarda notte, dopo l’ultimo spettacolo.

Le note scorrono.

“….ovunque trovi qualcuno che combatte per un posto dove vivere
o un lavoro dignitoso, un aiuto,
ovunque trovi qualcuno che lotta per essere libero,
guarda nei loro occhi, mamma, vedrai me…..”

Dedicato a Armando, Antonella, Corrado, Gianfranco, Marco, Pietro, Roberto e tanti altri.

E a mio figlio Alessio.

Paolo DI Virgilio

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