La settima puntata. 17 gennaio 1991, Roma, Cinema Capranichetta. Uroboro umano

La settima puntata. 17 gennaio 1991, Roma, Cinema Capranichetta. Uroboro umano

Primo pomeriggio, apro la cabina del cinema Capranichetta; negli ultimi due anni molte cose sono cambiate nel lavoro del proiezionista. Si può fare a meno di caricare il proiettore a ogni tempo e di riavvolgere al pellicola. Le cabine, infatti, cominciano a essere automatizzate. Ci sono due sistemi per farlo: uno è quello di avere due proiettori gemelli; su ognuno viene caricato uno dei due tempi. Mentre uno proietta l’altro va a marcia indietro e riavvolge.  Un sistema di sensori e centraline di automazione governerà tutte le operazioni (start e stop, accensione luci di sala, durata dell’intervallo, eccetera).

L’altro metodo, da un punto di vista “filosofico”, è molto più interessante: su un grosso piatto disposto orizzontalmente in prossimità del proiettore viene caricato l’intero film. Dal centro viene pescata la pellicola che va al proiettore, sul bordo esterno arriva la pellicola che viene dal proiettore. Vi sono ovviamente degli accorgimenti per far sì che dal centro venga svolta la stessa quantità di pellicola che nello stesso tempo verrà ricevuta dall’esterno. Si tratta in pratica di un loop senza fine composto da molte spire. Con questo sistema la proiezione potrebbe durare all’infinito.

Mi viene in mente l’altorilievo di una figura piuttosto diffusa in varie epoche e culture, che si trova nella basilica dei Santi Giovanni in Laterano. Si tratta di un serpente che alimenta se stesso mangiando la sua coda in una circonferenza infinita e perfetta. Per secoli, forse per millenni, ha ricordato agli uomini il ciclo della natura nel suo eterno ritorno.

E’ un periodo strano, questo, di tensione diffusa. Da mesi ci si domanda: “Quanto sarà distante l’Iraq dall’Italia?”

Sulla piazza fuori dal cinema si aggirano in molti per cercare di capire cosa accadrà, per essere in qualche modo presenti, per dire la propria. Dall’edificio più grande di quella piazza si prendono le decisioni importanti per il Paese, è Piazza Montecitorio.

Il cinema Capranichetta confina con l‘Albergo Nazionale e ha i sotterranei in comune. Più di una volta la domenica pomeriggio ho interrotto il mio servizio in sala per recarmi lì sotto. La prima volta mi sentii quasi prigioniero in quella piccola cabina di proiezione di una piccola sala privata alla quale non mi era permesso accedere; il mio compito consisteva infatti nel preparare il film, proiettarlo rimanendo in cabina ed essere ricondotto di sopra scortato  da due uomini in abito scuro addestrati al livello di protezione più alto; parlano poco, e sempre a bassa voce, il loro compito è proteggere la vita altrui cercando di invaderla il meno possibile.

Il mio datore di lavoro dell’epoca apparteneva a una famiglia amica da due generazioni di quell’uomo importante, che conosceva i segreti del Paese e che la domenica trovava il suo relax in quel piccolo cinema segreto. In questo periodo è il Presidente del Consiglio del suo sesto governo.

Sono nell’atrio; le mansioni, grazie all’automazione, sono in parte cambiate. Si da una mano al personale di sala per agevolare l’afflusso e il deflusso del pubblico.

Sta per finire un film francese che parla di una vecchia misantropa e del suo rapporto con la nuova badante, più misantropa di lei. E’ una commedia divertente e ottimista, quello di cui molti hanno bisogno in questo periodo. Il film è appena finito, il proiettore ha comandato l’accensione delle luci ed io sono in sala davanti alle tende dell’unica entrata, a indicare al pubblico che l’uscita è alla mia destra.

Appena avviata la procedura lascio la mia postazione e mi dirigo verso il centro della platea per controllare se ciò che ho notato su una poltrona è una borsa dimenticata. Mi giro e quello che vedo è sorprendente, curioso, ma fa pensare: il pubblico che era uscito di lato, dopo essere passato per un disimpegno tra la sala e l’atrio, sta girando attorno a una colonna  e rientra in sala dall’accesso che io ho lasciato sguarnito, poi esce di nuovo, da dove era già passato prima e ….rientra!  Potrebbe durare in eterno.

Il direttore, Signor Zignani, interviene incredulo per spezzare questa processione infinita; ne porta uno verso l’uscita giusta e tutti gli altri lo seguono.

Ultimo spettacolo.

Come al solito è un momento tranquillo.

Rifletto su quanto è accaduto, il cinema, come ho più volte pensato, offre un senso di protezione, è uno spazio separato dal normale spazio-tempo reale.

Dalla porta a vetri osservo la piazza, qualcuno grida “hanno attaccato”!

Altra gente arriva nella piazza; chi protesta, chi urla slogan, lo spettatore abituale del cinema segreto si trova nel palazzo più grande, a pochi metri dal suo luogo di relax, ma in questo momento sicuramente in tutt’altra disposizione di spirito.

Il film è finito, il pubblico esce dalla sala, si mescola con incredulità a quella folla inquieta.

Dalla bacheca del cinema Zia Angelina osserva con il suo sguardo torvo e nello stesso tempo benevolo: “Bentornati nel mondo reale”.

Paolo Di Virgilio.

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